Vigneti e animali
“Il vino nel nostro maso viene coltivato da circa 800 anni – ci dice Matthias. Il maso fino al 1500 era una delle proprietà del castello di cui si vedono le rovine di fronte. Mio nonno ha comprato il maso nel 1956, mentre i precedenti contadini lo avevano abbandonato 15 anni prima. Via via abbiamo reimpiantato i vitigni tipici di questa zona: il Kerner, il Müller Thurgau, il Riesling, la Schiava, il Zweigelt.”
Dopo avere visto i maiali con il padre di Matthias, camminiamo verso i vigneti. Ci sono alcune mucche che pascolano fra i filari. Matthias ci fa notare le diverse varietà: “Questo è il Kerner: non è un vitigno facile da coltivare, e deve essere trattato con molta cura perché viene attaccato da oidio e peronospora. Anche la schiava non è facile da coltivare”.
Mi colpisce il fatto che ci siano anche degli ulivi: essendo nato in Puglia, non avrei mai pensato di vederne su un monte vicino Bolzano, circondato dalle Alpi innevate. Chiedo a Matthias che mi risponde “Qui siamo a 780 metri, ma il terreno è molto caldo perché è esposto a sud. Questa collina protegge il nostro maso dai venti freddi. In effetti, oltre agli ulivi, che hanno una buona produzione, ci sono anche delle piante di fico”.
Camminare fra i vigneti e le terrazze è faticoso, almeno per una persona che vive in città come me, visto che la pendenza arriva all’85%. Matthias ci fa vedere un nuovo impianto di pinot nero e ci spiega perché nei vigneti ci sono le mucche: “Oltre a concimare, le mucche mangiano l’erba ma non eliminano tutte le piantine, valorizzando quindi la biodiversità”. In effetti vediamo dei fiori di malva e delle piante di fragolina di bosco che le mucche non hanno mangiato.
La ricerca dell'equilibrio
Matthias lavora in biologico da tempo e in biodinamico da alcuni anni. Segue il ciclo della luna e delle stelle per le operazioni in vigna. Secondo lui è importante creare un equilibrio all’interno del vigneto, fra il terreno, le diverse piante e gli animali che ospita. Questo rende l’ambiente migliore e le viti più forti rispetto alle malattie e al cambiamento climatico. Italo fa notare che il maso è circondato da boschi e altre piante e anche questo arricchisce la biodiversità, mentre spesso si fa una monocultura selvaggia che rende le viti più fragili.
Matthias ci racconta l’economia del maso:
“Abbiamo circa 3 ettari vitati e facciamo 20 mila bottiglie. La principale fonte di ricavi è il vino, ma non c’è solo quello. Abbiamo un’osteria, in cui offriamo i prodotti del maso: alleviamo maiali e mucche, coltiviamo grano e patate, abbiamo un orto. Da un punto di vista economico probabilmente faremmo meglio a non coltivare prodotti diversi dal vino, ma è una grande soddisfazione portare in tavola i nostri prodotti. Adesso che ne dite se andiamo in cantina?”.
Mentre torniamo al maso Matthias ci fa notare la ricchezza del terreno e delle rocce: ci sono sassi di porfido, una roccia di origine vulcanica, ma anche di granito, scisto e dolomite. Un’altra cosa che vediamo tornando è l’impianto fotovoltaico. Matthias ci dice che con il secondo impianto fotovoltaico il maso sarà autonomo da un punto di vista energetico, e addirittura in grado di vendere energia.
Arriviamo nella cantina, dove ci sono rocce di porfido a vista e botti di castagno.
La storia del vino
Ci colpiscono i bei disegni astratti sull’etichetta delle bottiglie e chiediamo a Matthias se rappresentino qualcosa:
“La nostra idea è di lasciare raccontare al vino la sua storia. Quello che cambia di più da un anno all’altro è proprio l’aspetto climatico. Per ogni annata un artista di Bolzano disegna una specie diagramma, che rappresenta il corso delle temperature e delle piogge di quell’annata.”
Ci sediamo all’aperto e assaggiamo i vini con Matthias, accompagnati da formaggi e salumi che porta in quantità – siamo in Alto Adige, d’altronde. Partiamo dal Blatterle, un vitigno quasi scomparso e tipico della zona. È un vino bianco a bassa gradazione (10.5 gradi). Al naso ha dei profumi non comuni (oltre all’agrumato sembra di percepire anice ed erbe selvatiche) mentre in bocca mostra grande salinità e acidità. Assaggiamo poi la schiava, un rosso leggero e raffinato, con un profumo di lampone e fragola e una grande freschezza – un vitigno ritenuto spesso minore, ma che sa regalare tanta gioia. Passiamo al kerner, molto lungo e minerale. Poi scopriamo il riesling: fresco, molto fruttato, con un lungo finale. Concludiamo con un kerner macerato di grande complessità, color miele.
Sono vini eleganti e delicati, molto freschi, che rappresentano fedelmente il territorio di montagna in cui nascono. Italo ci fa notare che sarebbe bello poterli assaggiare fra 10 anni, visto che hanno tutte le caratteristiche per essere vini longevi e capaci di evolvere nel tempo.
Si sono fatte le 12.30 e Matthias deve accogliere gli ospiti dell’osteria, che sono molti visto il bel fine settimana e le temperature miti.
Prima di salutarci, ci spiega in due parole quello che secondo lui è il compito di un vignaiolo come lui:
“Il nostro compito, il dovere dei produttori piccoli non è quello di fare vini per tutti, ma di fare vini creati dal terreno e dalla natura, capaci di raccontare fedelmente il territorio.”
Torniamo alla macchina con la promessa di tornare. Fra l’altro il maso di Matthias ha anche alcune camere in B&B. Chissà com’è di notte. Si vedrà un bellissimo cielo stellato.