Vigneti
Tra gli 80 e i 100 metri sul livello del mare, 14 ettari di vigneto caratterizzati da buona ventosità, che non provoca lo sviluppo di muffe, e una scarsa piovosità. I terreni sono in leggera pendenza, con ottima insolazione e buone escursioni termiche giornaliere.
Uve e vitigni
Il Bombino Bianco, di antichissime origini (portato a San Severo, dice la leggenda, dai Templari di ritorno dalla Terra Santa) è stata da subito la scelta e l’intuizione di d’Araprì, che ha capito come la moderata alcolicità e il perfetto acclimatamento lo rendessero un vitigno ideale per un metodo classico di grande eleganza. A questo si affiancano vitigni rossi di più tradizionale spumantizzazione, come il Montepulciano e il Pinot nero.
Terreno
La terra della Capitanata di Puglia, asciutta e generosa, è calcareo-argillosa, con presenza di limo e sabbia: questa composizione garantisce un’elevata capacità idrica che favorisce la maturazione dell’uva.
Sistema di coltivazione
Le pratiche colturali privilegiano l’utilizzo di prodotti biologici e lotta guidata, servendosi di elementi organici per un migliore rispetto dell’ambiente.
Vinificazione
La cantina d’Araprì si è dotata di una carta etica per documentare il percorso produttivo volto a mantenere intatta l’eccellenza dei proprio spumanti: dall’uso di vigneti di proprietà, all’uso esclusivo di uve dell’agro di San Severo, con prevalenza di Bombino Bianco o Montepulciano, dalle fermentazioni a temperatura controllata sotto i 20 gradi al tirage entro il mese di marzo dell’anno successivo alla vendemmia, dalla prolungata permanenza sui lieviti al dosage contenuto, all’uso di tappi di qualità extra: tutti passi che contribuiscono a garantire la personalità dei vini.
Perché è in Vinevo
C’era una volta un visionario trio jazz, vibrante di passione, curiosità e ambizione. Tre amici con la passione per la musica: Girolamo D’Amico (fiati), Louis Rapini (tastiere) e Ulrico Priore (contrabasso). Il trio D’Araprì. Ma quei tre amici avevano anche un altro sogno: fare vino e lo realizzarono dando vita nel 1979 alla loro cantina.
La prima volta che vidi quelle bottiglie notai che arrivavano da San Severo (Fg), in prossimità del Gargano, da quei luoghi che mi facevano pensare al mare, al caldo estivo, ai pantaloncini corti. Ricordo la sorpresa di quei primi assaggi, l’emozione che spazza via tutti i luoghi comuni. Era quello uno spumante del sud Italia? Non potevo crederci.
Ma era proprio così, e quel risultato si deve all’esaltazione delle varietà tradizionali italiane che, grazie alle loro acidità naturali, permettono di fare un grandissimo spumante a quelle latitudini, laddove nessuno avrebbe mai investito una lira per farlo.
Sono passati 43 anni da quando quei musicisti hanno iniziato a produrre il loro spumante, e 25 dalla prima volta che l’ho assaggiato.
Da allora provo un grande senso di riconoscenza per i D’Araprì che mi hanno aperto porte su orizzonti del gusto fino ad allora sconosciuti e per aver potuto condividere un percorso di riqualificazione del panorama viticolo tradizionale italiano.
Oggi i D’Araprì grazie all’ingresso della nuova generazione, Anna d’Amico, Daniele Rapini e Antonio Priore, assomigliano sempre più a una big band, a una jazz orchestra.
The show must go on!