Marilena ha una vera passione per l’inzolia, «è il mio grande amore, subito dopo viene mio marito», per lei è il vitigno che più di tutti rappresenta questi luoghi.
«È la più bella varietà d’uva della zona. Oggi beviamo grandi vini siciliani, ma l’inzolia appartiene a Menfi, e solo qui viene in questo modo. È un vitigno tipico, pochissimo conosciuto e pochissimo valorizzato dai produttori stessi. Non la amano e non la valorizzano, mentre secondo me è una delle uve più belle del mediterraneo. Arriva dalla Grecia e si ambienta in Sicilia, sulle isole della Toscana, l’Isola del Giglio e l’Elba. L’ansonica non è altro che l’inzolia. Sulle coste spagnole diventa airén, su quelle della Francia meridionale diventa claret. La sua grande capacità mimetica la porta anche in ambienti a lei meno favorevoli, anche per questo resiste da tremila anni, ma solo al mare riesce a restituire in maniera vibrante il carattere del territorio.

È l’unico vitigno che vive nella sabbia, sulle dune delle spiagge, bevendo con le radici l’acqua di mare, e produce caratteristiche speciali. Innanzitutto una grande sapidità, perché qui il sale è ovunque, nel terreno, nell’acqua, nell’aria che si respira, e si deposita sulle foglie rendendole quasi impermeabili alle malattie fungine. E dà sapore al frutto; il chicco di inzolia, dolcissimo, qui diventa dolcissimo e salato. I vini sviluppano allora una sapidità che li rende estremamente identitari. Altri vitigni si adattano a queste condizioni, come il catarratto, il grecanico o il perricone, ma l’inzolia è l’unico che riesce a raggiungere certe vette. Ha inoltre radici lunghissime, che le permettono di superare senza problemi un’estate calda e siccitosa come questa 2021». Prende un tralcio dalla pianta più vicina e ce lo mostra, «Guarda, gli apici sono vivi, le foglie ben distese, e l’uva è perfettamente idratata.
Qui il sale è ovunque, nel terreno, nell’acqua, nell’aria che si respira, e si deposita sulle foglie
È una pianta che si manifesta con diverse forme, io ne ho almeno quattro tipi, e ne abbiamo individuato un quinto, inzolia cappuccio. Era in un piccolo vigneto, centocinquanta piante che il proprietario voleva estirpare. Le ho prese con l’escavatore e le abbiamo ripiantate qui; centoquarantatre hanno riattecchito, e oggi quattro di queste hanno l’uva. Essere riuscita a proteggere il genotipo di un’uva ormai rara è una gioia incredibile».
Intanto il primo carro è stato riempito, migliaia di acini brillano come biglie dorate, ed è pronto a rientrare in cantina per la pigiatura. Rientriamo anche noi, ed il fresco che ci accoglie è un piacere vero e duraturo, come togliersi gli scarponi dopo una giornata di sci. Marilena non perde un attimo, sale su di un paio di tini in acciaio assieme a un cantiniere e comincia a fare prelievi e assaggi dalle vasche. Passa quindi a effettuare il bâtonnage del vino nelle barrique, saltellando da una all’altra con invidiabile equilibrio. Al termine di ogni operazione lava e asciuga tutto con grande meticolosità, «è assolutamente fondamentale».