Dai primi modelli a oggi
Storicamente, il primo cavatappi di cui si ha notizia è il cavatappi a T. Si tratta di un semplice manico a cui è inserita la spirale al centro. Vi ricordate il nonno quando con la bottiglia tra le gambe tirava come un matto? Ecco probabilmente stava usando un cavatappi a T, un attrezzo decisamente scomodo e che richiede molto sforzo fisico per estrarre il tappo impegnando i muscoli di mani, braccia e talvolta anche gambe. Il più diffuso nelle cucine italiane, è invece il cavatappi a farfalla che grazie a un meccanismo di due ali laterali permette l’estrazione del tappo all’interno di una gabbia che ospita la spirale e aggiunge sulla parte superiore un apribottiglie. Di dimensioni poco contenute spesso ha una breve durata per la delicatezza degli ingranaggi sottoposti allo sforzo di estrazione. Il cavatappi a campana ha un aspetto simile e sostituisce l’azione delle due ali con quella di un sistema di avvitamento.
Cavatappi professionali per tutti i giorni
In alcune enoteche si fa ricorso al cavatappi a muro, ideale per chi deve aprire molte bottiglie magari in fretta, anche se non trova spazio in molte case… Per le esigenze di ogni giorno meglio rivolgersi al cavatappi professionale: il più apprezzato da sommelier e esperti di vino per la praticità, le dimensioni contenute e la precisione. Ha l’aspetto di un coltellino a serramanico dove si richiudono la spirale, una piccola lama che serve per togliere la capsula di protezione del tappo e la leva. Il meccanismo di estrazione può essere a una o due tacche (in questo caso l’estrazione del tappo può avvenire in due passaggi con minore sforzo). Lo si può utilizzare anche come apribottiglie. Se invece siete alla ricerca di un oggetto di design e molto semplice da utilizzare il cavatappi a leva fa per voi. Di dimensioni meno contenute di quelli professionali hanno nell’aspetto estetico il loro punto di forza.
“Ma io ho paura ad aprire il brunello del 1985 perché il tappo di sughero potrebbe rompersi… devo chiamare un esperto?” Per le bottiglie con lungo invecchiamento la soluzione ideale è il cavatappi a lame, una maniglia con due lame che si infilano tra sughero e collo di bottiglia per poi estrarre il tappo facendo ruotare la maniglia stessa. Può sembrare strano e complicato, ma dopo un paio di tentativi ne rimarrete soddisfatti.
Infine, se per voi l’innovazione è fondamentale, potete rivolgervi ai cavatappi a gas o aria: viene pompata aria/gas nella bottiglia attraverso un ago che fora il tappo, aumentando la pressione nella bottiglia e provocando la “salita” del tappo.
Sì, ma come faccio?
Mentre stappiamo una bottiglia dobbiamo fare attenzione a non contaminare il vino e agitarlo il meno possibile. Per questo motivo è utile avere un tovagliolo pulito insieme al cavatappi e un coltellino (nel caso in cui non stiamo usando un cavatappi professionale). Procediamo incidendo la capsula esterna sotto lo sbalzo della bottiglia (sotto, eh!) e leviamola.
Un passaggio con il tovagliolo pulirà la parte superiore del tappo prima di procedere all’estrazione in uno o due tempi a seconda del tipo di cavatappi utilizzato. L’ultimo pezzettino di tappo andrebbe comunque estratto tirando il sughero a mano e utilizzando il tovagliolo per non entrare in contatto diretto con il tappo. Una pulita al collo della bottiglia per eliminare eventuali residui di sughero e siamo siamo pronti a versare.
E per le bottiglie di spumante con la gabbietta? Niente di più semplice, sempre pulendo tra un’operazione e l’altra basta levare la gabbietta, impugnare il tappo con la mano sinistra e ruotare la bottiglia con la destra (o viceversa se siete mancini). Perché sì, se avete sempre girato il tappo scoprirete che così è molto più semplice. E attenzione, niente botto! (vabbè, se proprio volete alla mezzanotte del 31 dicembre si può fare…).