Le diverse dimensioni
Come tutti sappiamo il contenitore più utilizzato e più indicato per il vino è il vetro. Questo perché si tratta di un materiale inerte che non va a modificare in nessun modo il vino e ne custodisce la qualità. Inoltre il suo colore scuro protegge dall’esposizione alla luce, evitando cambiamenti al colore del vino e la formazione di composti solforosi dall’odore e sapore sgradevoli. Sono pochi i produttori che utilizzano bottiglie trasparenti, in particolare per vino rosato e e alcuni bianchi, seguendo logiche commerciali per far attirare il consumatore attraverso il colore del vino.
Le bottiglie da vino esistono in diverse dimensioni e forme legate alla tipologia di vino, la zona di produzione e le tradizioni. La classica bottiglia di vino può contenere 0,750 litri ed è usata come base per la misurazione delle altre varianti. Il quarto (o split) e la mezza come dice il nome si riferiscono alle bottiglie grandi ¼ e ½ bottiglia. Tipiche dei ristoranti dove il cliente non vuole “andare al bicchiere”, ma non pensa di bere una bottiglia intera al pasto. Formato comune tra gli spumanti, la magnum contiene il doppio del vino di una bottiglia classica, cioè un litro e mezzo. A salire troviamo la Jeroboam, pari a tre litri (pari a 4 bottiglie) e la Réhoboam, da quattro litri e mezzo (pari a 6 bottiglie). Si tratta di bottiglie a tiratura molto limitata e ancor di più lo sono quelle a seguire: Mathusalem, Salmanazar, Balthazar, Nabuchodonosor (rispettivamente 8, 12, 16 e 20 bottiglie).
Come mai queste bottiglie giganti costano in proporzione più delle versioni in bottiglia classica? Da un lato esiste un motivo commerciale legato all’esclusività delle produzioni e dall’altro un motivo di maggiore qualità, in quanto il vino è meglio conservato, avendo una minore percentuale di superficie a contatto con la bottiglia.
Paese che vai, bottiglia che trovi
Il nome e le forme delle diverse bottiglie utilizzate per il vino spesso hanno origine in specifiche zone geografiche. Abbiamo così la Bordolese, che non è altro se non la classica bottiglia per i vini rossi. La sua rivisitazione elegante, dall’aspetto più stretto è detta bordolese a spalla alta. Simile a quest’ultima ma di dimensioni contenute (solitamente contiene 0,375 litri) la bordolese piccola è la bottiglia solitamente utilizzata per i vini dolci. Altra zona geografica ha dato il nome alla bottiglia Alsaziana (o Renana), tipica per vini bianchi che ricorda un cilindro con sopra un cono. E ancora, tipica della Provenza e dei suoi vini la bottiglia anfora che ne ricorda la forma e la borgognotta dei vini della Borgogna. In italia è nata la Albeisa, bottiglia dedicata ai vini rossi piemontesi a lungo affinamento. Poi ci sono bottiglie legate a un vino e da quello prendono il nome come la panciuta Marsalese per il Marsala o Porto per il vino omonimo (utilizzata anche per Madeira e Sherry). Champagne e Spumanti classici utilizzano la champagnotta o la cuvee (quella più bassa a forma di triangolo generalmente dedicata a produzioni di pregio).
Non solo vetro
Se il vetro è il contenitore di eccellenza per il vino, ci sono alternative che possono e vengono utilizzate in particolare per vini “di pronta beva” – brutta espressione che identifica i vini che non necessitano di lunghi periodi di conservazione, ma anzi è meglio bere subito. Tra questi ricordiamo acciaio (in fusti simili a quelli per la birra), lattine di alluminio, tetrapak (come quelli del latte) e bag in the box (una scatola di cartone che contiene al suo interno una sacca di polietilene, dotata di un rubinetto e valvola di sicurezza dal quale “mescere” il vino). Come detto si tratta di soluzioni adatte a vini veloci da consumare e che ad oggi sono percepite dai consumatori come vini di bassa qualità.